La vena letteraria e poetica dei Resiani ha trovato uno sbocco naturale nella canzone in rima. Un tempo, ma ormai non più, i cantautori resiani componevano poesie e, non sapendo scrivere, le declamavano come canti in occasione delle feste. Molto spesso venivano cantati l’innamoramento e la persona amata, la sua bellezza, magari sullo sfondo di una natura luminosa e incontaminata. A volte i canti erano di tristezza, o di rabbia, per un amore non corrisposto; in altri casi erano uno sfogo del dolore per la madre morta troppo presto, lasciando soli i figli piccoli, oppure la sofferenza per il marito o la moglie morti. Spesso le poesie esprimevano la nostalgia per l’amato, lontano per lavoro o per servizio militare. La poesia di questo tipo era lo sfogo più immediato per i sentimenti che, cantati, permettevano di condividere, manifestare e idealizzare la propria vita, di solito fatta di fatica e privazioni nella realtà di tutti i giorni.
Baudouin de Courtenay, a proposito della ‘vena poetica dei Resiani’, nota la ‘Notevole capacità di alcuni resiani di narrare e in generale di parlare in versi. La costruzione di questi versi è fondata sulla consonanza delle sillabe o rime finali, ma con una determinata e sempre uguale quantità di sillabe’. (Resia e i Resiani, p. 98, Resia 2000)