SAGGIO DI FONETICA DELLE PARLATE RESIANE
Baudouin de Courtenay (1875)
(Breve sintesi)
In lingua italiana dalla traduzione manoscritta del prof. Giuseppe Loschi, conservata presso la
Biblioteca Civica “V. Joppi” di Udine (posizione MS – 2635/4)
Pubblicato a cura di Nadia Clemente – Udine 2018
ОПЫТ ФОНЕТИКИ РЕЗЬЯНСКИХ ГОВОРОВ-И.БОДУЭНА-ДЕ-КУРТЕНЭ̀
ВАРШАВА–ПЕТЕРБУРГ–1875
§ 293
Addentrandoci ancor più nella questione di cui ci occupiamo, giova domandare con quale dei gruppi di parlate slave, che confinano immediatamente con esse, le parlate resiane offrono la maggiore rassomiglianza.
Prima di tutto bisogna osservare che la valle di Resia è aperta soltanto ad occidente, cioè dal lato del Friuli, ad oriente, a settentrione e a mezzodì alti monti separano affatto i Resiani dai loro vicini Slavi (a settentrione anche Friulani). Soltanto i Resiani che vivono nella valle del torrente Uccea, il quale si getta nella Soča (Isonzo), possono comunicare immediatamente così con gli Sloveni che trovansi ad oriente, come coi loro vicini di mezzodì appartenenti al ceppo serbo-croato, sebbene non senza grave difficoltà a cagione della distanza sufficientemente considerevole e della mancanza di qualsiasi strada tollerabile. Ma, come ho già osservato (§. 284), gli abitanti della valle di Uccea sono discendenti abbastanza lontani di gente di Oseacco passata colà.
Coi loro vicini orientali, cioè con gli Sloveni del Distretto di Tolmino (Tmìn, ital. Tolmino, tedesco Tolmein) e di Caporetto (Kaborìd, Caporetto, tedesco Karfreith) i Resiani non presentano, quanto alla lingua, la più piccola somiglianza. Nelle parlate slovene, cui s’è accenato, le consonanti ‘k, g, x (h)’ in unione con ‘i’ (= slavo antico ‘ъІ’) ed ‘e’ (= slavo antico ‘ѧ’, ‘ъѩ’) passarono in ‘č, j, š’, – le consonanti ‘d, b, g’ in fine di sillaba si mutarono nelle ‘þ’ (= all’inglese sorda th), ‘ɸ’ (pura labiale f), x (ch). La consonante ‘v’ si mutò per lo più nella ‘b’ o piuttosto qui ha luogo quasi una piena mescolanza di queste due consonanti – al gruppo accennato di consonanti slovene, è proprio l’accento e la relazione quanto alla qualità e alla quantità collegata con esse delle vocali di formazione particolare…, in una parola qui sono tanto più rare le particolarità che s’incontrano, né affatto proprie delle parlate resiane, così che non si può pensare menomamente a un legame genetico fra questi due gruppi di parlate. Ben maggiore somiglianza si può osservare tra le parlate resiane e quelle dei vicini meridionali dei Resiani, cioè i Serbo-croati dei distretti di Gemona e di Tarcento. Cogli Slavi italiani in generale, che trovasi, oltre che nei distretti accennati, in tutto quello di S. Pietro degli Schiavi e in piccola parte di quello di Cividale, i Resiani condividono, oltre al resto, le seguenti particolarità fonetiche, ignote agli Sloveni del territorio di Gorizia:
1) al mutamento dell’unione primitiva delle consonanti tj nella consonante ћ (§. 42) [Ć], come nel serbo-croato, e non in č, come nello sloveno; 2) al mutamento dell’unione primitiva delle consonanti lj nella consonante j (§. 45); 3) al passaggio della –m finale isolata, dall’azione dell’analogia, in –n, come del resto avviene anche nel settentrione, nel Gailthal e al sud, nell’Istria e in tutto il Primorje croato.
Ma, dall’altra parte, ci sono nelle parlate resiane particolarità che sono del tutto estranee alle parlate or ora riferite degli Slavi appartenenti al Regno d’Italia. Qui, tra l’altro, appartiene l’intera mancanza nelle parlate resiane degli autentici dittonghi, vale a dire dei dittonghi che sono derivati da semplici vocali, e che sono molto estesi così nelle parlate serbo-croate dell’Italia settentrionale come nelle parecchie slovene del territorio di Gorizia. Così, per esempio, dall’o breve accentata derivò qui uò, dal riflesso dell’ĕ abbreviata (slavo antico ‘ѣ’) iè. Nelle parlate resiane nulla di simile. La sonorante, derivata dall’unione della vocale con le consonanti vocalizzate v, l (nelle parlate O. e U.), oppure dall’unione di due vocali per effetto della scomparsa tra esse di qualche consonante (per esempio j in O. e U., h in S. ecc.) non si possono del tutto contare fra i dittonghi nello stretto senso della parola.